sabato 19 febbraio 2011

Giorno 33, Tanti auguri

Più passava il tempo e più informazioni riuscivo a recuperare, i due mondi erano collegati e a loro volta collegati al mio. Potevo quindi passare da un mondo all'altro? Ma come?
Doveva servire una grande energia per riuscirci, doveva essere enorme perchè ne serviva sempre di più. Almeno questo era ciò che traspariva dai libri. L'unico materiale in questi mondi capace di dare tanta energia da poter collegarli era la lava. C'era un lago di magma appena sopra l'altopiano nella foresta incendiata, ciò che diede fuoco a tutti gli alberi. Ripensandoci non era troppo grande, probabilmente non sarebbe bastata...
Ma allora dove trovarne così tanta? In un attimo vari flash mi passarono davanti agli occhi, rividi l'inferno, rividi i mostri che lo popolavano, risentii tutte le urla dei dannati, della gente condannata a rimanere in quel luogo per l'eternità. Capii che probabilmente era li che avrei dovuto dirigermi. Mi preparai e a mezzogiorno uscii di casa. Sui libri lessi che bisognava seguire il gridare delle anime dannate per arrivare ai collegamenti tra i mondi. Mi incamminai e raggiunsi in breve tempo la foresta, che attraversai completamente per ritrovarmi di fronte alla grotta che avevo chiuso tempo fa dopo uno sgradito viaggio all'inferno. Iniziai a scavare nella montagna rimuovendo i blocchi di pietra posizionati in precedenza, mi si mostrò dopo poco l'entrata illuminata dalle torce e percorsi l'intero cunicolo fino al portale. Le anime si lamentavano, mi avvertivano di stare alla larga da quel luogo, cercavano di farmi desistere. Avevo mia moglie e mia figlia da salvare, non le ascoltai neppure e toccai il portale pulsante di dolore e odio.

venerdì 18 febbraio 2011

Giorno da 22 a 32, Crescita

Percorsi tutta la strada al contrario, ritornai al mio rifugio nel lago prosciugato. Ero pronto, avrei scoperto come uscire da questo posto. Mi misi subito al lavoro, non mi ero mai chiesto come sapessi costruire tutte quelle cose, quale fosse la mia dote manuale che mi contraddistingueva. Come potevo? Come riuscivo a ricreare ogni utensile che mi servisse? Come facevo a sapere come innalzare un'abitazione? C'era qualcosa che in tutto questo ignoravo. Decisi di costruire uno scaffale pieno di libri, a mia meraviglia ne fui capace e creai un intero mobile di sapienza. Aprii un libro che avevo fabbricato io stesso, non l'avevo scritto, e ciò che vidi all'interno mi fece trasalire: era impaginato, scritto e completo in ogni sua pagina. Raccontava di alcune fiabe per bambini. Ne aprii un altro, questo narrava di eroiche gesta di un liberatore di mondi. Ne aprii a dozzine, ogni libro era reale, ma nessuno li aveva scritti, erano solo stati "costruiti" da me, con la carta pestata e rilegata, nient'altro. Mi vennero le vertigini più volte perchè sapevo di essere ad un passo dalla verità, dallo scoprire dove fossi. Come poteva essere possibile tutto ciò? Intuii di poter trovare la risposta in quei libri. Continuai a cercare, di notte respinsi più volte le ondate di mostri che assalivano il rifugio, oramai ero perfettamente al sicuro, i sistemi dei dispensatori erano posizionati con cura maniacale, ogni pulsante attivava un dispensatore diverso collocato con maestria e precisione millimetrica: non c'erano margini d'errore. Al mattino recuperavo le risorse dalle creature per poi mangiare qualcosa e rimettermi al lavoro. Finalmente trovai qualcosa, il trentesimo giorno credo. In un libro si trattava più volte di un mondo, generato casualmente, infinito, con risorse e gallerie sotterranee, mostri e misteri. Girai una pagina e vidi una mappa, con stupore riconobbi la terra dove io stesso abitavo, ma era rappresentata in modo particolare: erano raffigurate le fiamme della foresta incendiata, era raffigurato il lago prosciugato, tutto quello che io stesso conoscevo del mondo attuale. Inoltre, il solo fatto che il lago fosse rappresentato senza l'acqua collocava la mappa in una data storica pari a qualche giorno fa, quando i Creepers erano esplosi sul fondale facendo defluire tutta l'acqua presente all'interno. Capii ben presto che ogni libro si riferiva al mondo attuale come lo conoscevo, in qualche modo i libri erano collegati a me, e in qualche modo mi avrebbero aiutato a scappare da questo strano posto. Poi in una nota lessi una cosa terribile: il mondo dove mi trovavo non era l'unico, ce n'erano altri due. I suoi unici abitanti erano rispettivamente mia moglie e mia figlia.

giovedì 17 febbraio 2011

Giorno ?(19,20,21?), Ingannare l'attesa

Rimasi nel piccolo rifugio per quello che parve essere un mese. In raltà passarono pochi giorni, ma rimanere fermo là dentro, in silenzio, facendo il minor rumore possibile, non era semplice. Il solo rumore del fuoco era già troppo e non potevo permetterne di più. Parecchia carne fu cotta, parecchia acqua bevuta. Dopo che furono passati quelli che parvero essere almeno tre giorni iniziai a pensare a qualsiasi cosa, non importava cosa in fondo, bastava ingannare l'attesa. Ero un codardo? Avevo paura? Perchè aspettavo? Tantissime domande, ma una più di tutte continuava a tornare ciclicamente: perchè mia figlia mi era apparsa davanti così?
Cercai di mantenere la calma parecchie volte, ma alla fine crollai. Non sopportavo più quell'attesa, sapevo benissimo finalmente perchè aspettassi, semplicemente perchè sarebbe stata la cosa migliore e più intelligente da fare. Peccato che a volte la pazzia superi la ragione. Una pazzia che mi fece aprire un varco nella terra, che mi fece uscire allo scoperto ancora circondato da mostri, che mi fece sguainare la spada e trafiggere creature finchè non ebbi più energia in corpo. Caddi a terra sulle ginocchia, sfinito, mi guardai attorno e vidi la foresta dannatamente calma, così calma da farmi innervosire ancora di più. Ero rimasto calmo troppo a lungo, era tempo di riprendersi tutto il tempo perduto. Mi rialzai e feci la strada al contrario per tornare alla caverna dove incontrai mia figlia qualche giorno fa, la attraversai, scavai dall'entrata precedente per tornare sul luogo dell'attacco notturno al piccolo rifugio; da lì avrei potuto riprendermi tutto quello che mi era stato tolto. Mi misi in marcia, determinato, coraggioso, furioso. Non potevo più aspettare, non potevo più perdere tempo, dovevo uscire di qui, e ci sarei riuscito.

mercoledì 16 febbraio 2011

Giorno 18, Silenzio nella foresta

Mi lasciai alle spalle la caverna e mi addentrai velocemente nella foresta. Mi persi in breve tempo, non seppi più ritrovare la strada per tornare a casa, nonostante sapessi benissimo cosa fare per trovarla. Avrei dovuto camminare attorno alla montagna per ricongiungermi dal lato opposto e percorrere la strada al contrario, ma le esplosioni dei Creepers rimbombarono ancora dietro di me, e lasciai perdere. Capii che non era il momento per tornare al rifugio, tra l'altro quel branco di mostri avrebbe distrutto completamente il mio accampamento nel caso li avessi portati là, quindi evitai. Ma che potevo fare dunque? Per prima cosa scesi in un anfratto di terra e sabbia, richiusi con della roccia il soffitto e mi sigillai al meglio all'interno. Accesi un paio di torce ed illuminai il piccolo buco nel terreno che mi avrebbe fatto compagnia per tutta la nottata, o peggio ancora, finchè i mostri non avrebbero perso le mie tracce. Era una situazione orribile, sapevo che sarebbe stato quasi impossibile uscirne vivo, sapevo anche che continuavano a cercarmi e, nonostante il giorno portasse all'inferno la maggior parte di loro, questa era una situazione difficile. Braccato da decine di mostri, ferito, stanco e con pochissime risorse, aspettai mentre i versi gutturali di quelle creature rimbombavano sopra di me. Attesi, oramai ero abituato a farlo. Era davvero questo il mio destino? Sarebbe stato sempre così? Costretto ad aspettare?

martedì 15 febbraio 2011

Giorno 17, Straordinaria follia

Flussi d'energia si intrecciarono l'un l'altro confluendo nello stesso punto, crearono un globo di luce che si diresse verso la figura di ragazza. Prese sempre più forma, fino a che il viso non fu ben visibile. Caddi in ginocchio, le lacrime scivolarono lungo le mie guance, e tutto questo solo per una parola proferita dalla ragazza, una parola ricca di significato, e in quel momento, anche di speranza: "Papà".
La mia Sally, che quella dannata malattia mi portò via troppo presto, abbandonando sua sorella, lasciando un enorme buco nella vita mia e di mia moglie. Trovai le forze per rialzarmi, le corsi incontro, la abbracciai, le parlai più volte, ma non rispose, nemmeno una volta, poi disse queste chiare parole: "Papà, sono sempre con te, non piangere. Qualunque cosa accada, non mollare mai. Come hai fatto sempre." Non seppi cosa rispondere, ma tuttavia, anche se lo avessi saputo non avrei avuto il tempo di farlo perchè mi guardò un'ultima volta prima di crollare tra le mie braccia, fredda, esanime. Lo stesso volto di quella sera tarda in ospedale, mi ripassarono davanti i volti dei medici impotenti di fronte a ciò che fu la loro sconfitta, mi ricordai il volto di mia moglie, quello di mia figlia spaesata, inorridita al pensiero di quello che le avrei riferito poco dopo. Scoppiai nuovamente in lacrime, bagnavo la terra sotto di me, i vestiti di mia figlia, e lei iniziò a perdere consistenza, la sua essenza svanì in pochissimo tempo, quello che parve un breve istante, lasciandomi le mani piene di vuoto. Urlai la mia rabbia ad ogni forma di dio che conoscevo, ad ogni cosa che potesse prendersi la colpa per ciò che mi stava accadendo. Tutto ciò che ricevetti fu solo un'altra esplosione dietro di me, altri zombie, scheletri e Creepers. Mi voltai e li vidi, desiderosi di vendetta, avevo ucciso forse troppi di loro, lo sapevano. Guardai davanti a me e vidi un'uscita, saltai un piccolo lago di lava e mi diressi velocemente verso la mia presunta salvezza.
Nonostante fossi pazzo, oramai, ero ancora abbastanza consapevole e cosciente per affermare d'esserlo:
illuso, come non mai, ma altrettanto carico d'energia.

lunedì 14 febbraio 2011

Giorno 16, Desiderio di verità

La mezzanotte era oramai passata, la luna risplendeva in cielo e delineava le ombre di tutto quanto in modo preciso, netto, essenziale quasi, dando alle figure un qualcosa di bidimensionale. Gli oggetti parevano senza spessore, senza una forma nello spazio in tre dimensioni che conosciamo e percepiamo. Guardai fuori e notai uno zombie avvicinarsi da molto lontano. Non mi preoccupai per nulla, il dispenser avrebbe fatto il suo dovere non appena la creatura avesse varcato la soglia segnata col pulsante. Poco dopo infatti sentii parecchie frecce scoccare e i lamenti dello zombie sempre più forti fino a cessare; guardai nuovamente fuori distogliendo lo sguardo dalle fiammelle allegre delle torce, la carcassa della bestia era a terra e vicino a lei qualche piuma, dopo le avrei raccolte. Udii altre frecce, ma non avevo visto nessuna creatura prima, era strano. Controllai e con orrore vidi due ragni farsi strada sotto le frecce incessanti. Sarebbero caduti prima o poi, lo sapevo. E così sarebbe successo se non fosse accaduto l'impensabile: dal dispensatore sentii arrivare un rumore sordo. Era vuoto. I ragni avanzavano verso il rifugio, uno si trafisse sulle spine taglienti dei cactus, ma l'altro era oramai sulla soglia di casa. Colpì la porta un paio di volte e la sfondò, la mia dimora era oramai in balia delle bestie; l'avrei difesa, non avrei lasciato entrare quei maledetti. Caricai il ragno e sguainai la spada, l'enorme aracnide tagliò l'aria con una zampa, la schivai, lo feci ancora un'altra volta e attaccai, la mia spada trafisse il suo capo da parte a parte, il sangue colò sul pavimento bagnando la terra battuta e lavorata. Un altro ragno si fece strada sulla carcassa del compagno e mi si lanciò addosso atterrandomi. Riuscii a respingere un paio di attacchi delle fauci e ad allontanare la creatura con un colpo assestato all'addome, mi rialzai e la parete dietro di me esplose: Creepers! Corsi fuori casa e guardai attorno: ero circondato, non sapevo come facessero questi mostri a sapere sempre dove fossi, ma oramai il rifugio era perduto, le difese espugnate, ero accerchiato. Quasi. Mi voltai e vidi l'entrata della caverna, buia, pericolosa, ma forse l'unica speranza di salvezza. Corsi verso le tenebre lasciandomi inghiottire dall'oscurità, dietro di me i rumori delle creature che distruggevano ogni segno del mio passaggio. Qualche esplosione mi fece capire che dovevo correre ancora più forte, e così feci, fino a che non arrivai in fondo al corridoio roccioso, che si aprì su una stanza immensa, enorme, illuminata da laghi di lava e strani segni sul pavimento. Le cose si complicavano, cos'era questo posto? Dove mi trovavo? L'aveva costruito qualcuno? Mi voltai e vidi qualcosa apparire sopra un lago di lava: era una ragazza. Lentamente prese forma, gradualmente assunse un'identità ed altrettanto gradualmente impallidii, fino a non riuscire a proferire alcuna parola.

domenica 13 febbraio 2011

Giorno 15, In esplorazione

Mi svegliai un po' dolorante, ma soddisfatto. La giornata passata era stata fruttuosa, avevo disceso nella notte il pozzo raccogliendo ogni risorsa caduta dalle creature, ero andato a dormire e solo in seguito mi alzai, all'alba. Il sole splendeva e iniziava ad illuminare tutto quanto. Uscii di casa, chiusi la porta, sistemai qualche dispensatore verso la zona aperta nelle mie difese e posizionai una serie di interruttori a terra collegandoli con i dispensatori di frecce. Chiunque avesse valicato questa soglia sarebbe stato trafitto da innumerevoli frecce, in questo modo avrei avuto la certezza di tenere il rifugio al sicuro. Mi misi lo zaino in spalla e mi incamminai verso la foresta. Avrei voluto risalire la collina per arrivare all'alto promontorio, mi avrebbe permesso di vedere ben lontano, di capire magari in che area geografica mi trovavo e, nel caso, di farmi decidere se spostarmi o meno. Nel camminare ripensavo a mia moglie, a mia figlia, ai loro sorrisi e i loro volti che non vedevo da tempo. Vedevo solo mostri, orribili cose che si susseguivano davanti a me. Non riuscii a trattenere un paio di lacrime che caddero smuovendo la terra polverosa della foresta. Camminai a lungo, verso mezzogiorno arrivai al promontorio roccioso e mi accampai lì, misi una piccola fornace a terra ed iniziai a cuocere un paio di braciole. La fame mi colse improvvisamente e la carne l'avrebbe placata in fretta. Guardai verso gli alberi, dietro di me e vidi un Creeper uscire dal bosco, scoccai qualche freccia nella sua direzione e cadde esanime, andai dalla carcassa e ne raccolsi la polvere da sparo utile per la dinamite. Ritornai in punta al promontorio e guardai giù, con lo sguardo scesi fino in fondo alla valle: ruscelli, cascate, alberi di ogni tipo e tanti animali: ad ovest era un paradiso, verso est invece si estendeva per chilometri il deserto. Riuscii ad intravedere qualche cactus, sarebbe potuto tornare utile per difendermi dalle bestie notturne e non. Più a nord notai un'altra cosa, molto strana a dirla tutta: una caverna, a cielo aperto, in mezzo al deserto che si estendeva da est. Non so ancora perchè, ma qualcosa mi spinse a dirigermi là. Partii immediatamente, discesi la montagna, e mi addentrai nel deserto. Verso sera arrivai all'entrata della caverna. Una strana sensazione mi assalì, la voglia di esplorarla fu incredibile, ma riuscii a resistere e mi fermai all'ingresso per la notte. Costruii un rifugio temporaneo, con un fosso, molte torce attorno e cactus sulle mura, in modo che nessuno potesse toccare la casupola ed un dispensatore di frecce all'entrata con un pulsante collegato: una trappola perfetta. Mi sedetti al centro del rifugio, guardai la fiamma della torcia di fronte a me per parecchio tempo. Il pensiero della mia famiglia era oramai troppo forte e mi mancava enormemente. Sapevo di poter trovare qualcosa nella caverna, sapevo che ci sarebbe potuta essere una svolta decisiva nel profondo della caverna. Ne ero certo, e lo avrei dimostrato.