lunedì 21 febbraio 2011

Giorno 35, ...la fine sarà certo interessante.

Mi incamminai e risalii la scalinata fino in cima. Ad ogni passo sentivo le urla dei dannati soffrire sotto il mio peso, sotto il calore del magma che si stava raffreddando sulle loro carni. Mi incitavano, nonostante tutto. Mi spronavano a continuare la scalata verso la verità, verso l'epilogo di quella che con tutta probabilità si sarebbe candidata come esperienza unica nel suo genere. Pochi scalini e sarei arrivato in cima, ogni passo si fece più pesante, la fatica comunque si faceva sentire ed il peso, almeno mentalmente, di ogni scalino passato mi si poggiava in grembo rallentandomi. Diedi una rapida occhiata all'enorme lago di lava sotto di me, sbuffi di magma ribollivano in ogni dove, le urla delle anime dannate si elevavano sempre più forti. A fatica, proseguii. Il magma fuoriusciva a sbuffi pigri dall'apertura nel soffitto dell'imponente grotta, mi spostai leggermente a destra tenendomi stretto alla scala con le mani, piegandomi leggermente in avanti riuscii ad aggrapparmi alle ossa dei dannati e tirarmi su in quella che parve essere una stanza creata appositamente per quell'evento. Al centro una gabbia infuocata era stata collocata decisamente fuori luogo, la fissai per un interminabile attimo prima di essere travolto da uno zombie. Caddi a terra, la creatura cercava disperatamente di mordermi, o graffiarmi; riuscii a brendire la spada estraendola dalla cinta e con un rapido gesto trafissi il mostro da parte a parte orizzontalmente. Lo spinsi via con le gambe e non feci neanche in tempo a rialzarmi che un altro zombie mi venne incontro. Questa volta ebbi riflessi pronti, lo evitai, gli diedi un colpo con il gomito sulla nuca e gli mozzai il busto di netto con la mia lama. Uno scheletro mi si catapultò contro; capii da dove arrivavano tutti quei nemici. Colpii lo scheletro con una spallata, con due rapidi fendenti lo sbriciolai completamente e dopo aver caricato un colpo piuttosto potente scagliai la mia spada verso la gabbia infuocata, che esplose in un grido di dolore lasciando la stanza al buio, privandola del suo fuoco. Presi una torcia nello zaino e la appesi su di una parete, la accesi e finalmente riuscii nuovamente a vedere: nell'esplosione una parete era stata in parte abbattuta. Rimossi le carni e le ossa ed potei accedere in un'altra stanza, questa volta più piccola, ma contenente ciò che stavo cercando. Mia moglie e mia figlia erano lì, dentro a strani contenitori trasparenti; pareva vetro, realizzai in seguito che era un materiale a me sconosciuto poiché non potevo scalfirlo, non potevo rimuoverlo o distruggerlo. Erano rinchiuse lì dentro, avvolte in un sonno profondo. Rimasi per quelli che mi parvero giorni a fissarle, ma in realtà furono solo pochi istanti. Cercai subito un modo per liberarle e così presi dallo zaino uno dei libri che mi portai dietro dal rifugio sperando, in cuor mio, di poter trovare una risposta alle domande che avevo. Lessi tutto quello che c'era da sapere, scoprii che l'unico modo per rimuovere lo strano materiale era quello di investirlo con una colata immensa di lava, in modo continuato e incessante. In realtà non c'era modo di collegare i vari mondi. I libri, nonostante ne parlassero, non facevano mai riferimento ad un modo per unire i mondi o per fare in modo di viaggiare tra di essi. Serviva una forza e un'energia immane, ma solo per liberare gli abitanti di mondi differenti. L'unico modo per uscire dal proprio mondo sarebbe stato quello di suicidarsi.
Guardai attorno a me e realizzai in breve tempo quanto avrei dovuto fare. Tastai il terreno, sentii il calore del magma attraversare le carni dei dannati. Le urla mi entravano in testa, alcune non volevano che lo facessi, altre erano desiderose di vedere come sarebbe andata a finire. Sotto di me, prima del vuoto, un altro strato di magma, ad una pressione altissima, aveva riempito ogni anfratto. Se avessi liberato il getto di lava quello avrebbe potuto investire i contenitori con dentro mia moglie e mia figlia. I libri parlavano chiaro in merito, ne volli essere certo. In caso di liberazioni di un abitante di un altro mondo, il magma non l'avrebbe ucciso in quanto la forza accumulata l'avrebbe protetto fino alla sua uscita dal mondo attuale e dal suo. Non correvano alcun pericolo, non lo avrebbero corso mai. Ponderai molto la mia scelta, alla fine feci quello per cui avevo viaggiato fin qui. Estrassi il piccone dallo zaino, guardai un'ultima volta i miei due angeli. Mi scesero due lacrime che mi rigarono il viso, feci un sorriso che probabilmente apparve più come un taglio sul mio volto che come un vero sorriso. Il sorriso dell'amarezza, di chi è consapevole delle conseguenze delle sue azioni. Il sorriso di chi ha amato qualcuno con tutto il suo cuore, ma nonostante tutto non potrà più farlo benché voglia. Le salutai e picchiai il piccone a terra più volte, mentre le mie urla di dolore e pianto invadevano l'inferno.

7 commenti:

  1. Oddio..l'ho appena finito di correggere, e se prima stavo solo correggendo senza immedesimarmi tanto, alla fine mi ci sono immersa totalmente..bel racconto, lo sai come la penso sul tuo stile e sul tuo modo di narrare, quindi ti commento in modo positivo ma oggettivamente parlando. Soggettivamente credo che sia troppo triste, e che non ci sia una vera spiegazione al mistero per cui il protagonista si trovava lì.. poteva per esempio essere un incubo dello stesso, o chissà che altro.. ma in questo modo non lo sapremo mai.

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  2. a me piace così =)
    alesim

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  3. errore riga 10-11

    per il resto ... no, mi sono accorto che quello che stavo per dire era la cosa più doppiosensosa del vocabolario doppiosensoso.

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  4. Cavolo mi piace particolarmente bravo!!!!

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